I fanatici del politically correct hanno colpito ancora e stavolta ci è andato di mezzo il cinema, il grande Cinema, quello con la “C” maiuscola.
È di oggi, infatti, la notizia che la HBO Max ha sospeso dal suo catalogo niente poco di meno che Via col vento, un film che ha fatto la storia del cinema, che ha vinto otto premi Oscar e che è riuscito a rappresentare, seppur in chiave romantica, l’America della Guerra di Secessione, l’America devastata dalle divisioni e dal razzismo imperante come poche altre pellicole sono riuscite a fare.
Il motivo di questa scelta scellerata sarebbe proprio il razzismo che, all’indomani, della tragica morte di George Floyd per mano di un poliziotto fin troppo zelante (e violento) ha scatenato proteste sia negli Stati Uniti che in tutto il mondo.
Un portavoce della HBO ha giustificato la decisione dicendo che si tratta di “un prodotto del suo tempo e raffigura alcuni dei pregiudizi etnici e razziali che, purtroppo, sono stati all'ordine del giorno nella società americana.
Queste rappresentazioni razziste erano sbagliate allora e lo sono oggi e abbiamo ritenuto che mantenere questo titolo senza una spiegazione e una denuncia di quelle rappresentazioni sarebbe irresponsabile”.
Parole al vento, è il caso di dire, frasi senza un senso compiuto, perché proprio per la sua portata morale e storica, Via col vento rappresenta, a maggior ragione oggi, una preziosissima testimonianza dell’America di quegli anni.
Censurare film, come abbattere statue non serve a cancellare il passato o a rinnegarlo, ma è come nascondere un cadavere sotto un tappeto: non si vede ma rimarrà sempre una presenza ingombrante.
La storia non può essere cancellata con un colpo di spugna e non va dimenticata, il nostro passato è la cosa più preziosa che abbiamo, l’unico strumento che può permetterci di non commettere gli stessi errori che hanno compromesso la nostra vita.
Via col vento non è soltanto un film, non lo è mai stato e chi la pensa diversamente, allora non ha mai capito nulla di cosa significa fare cinema.
La guerra, la schiavitù nelle piantagioni, personaggi memorabili come Rossella O’Hara, Rhett Bulter e Mami (l’attrice Hattie McDaniel fu la prima afro-americana a vincere un Oscar) sono pezzi di storia dell’America, del modo in cui questa Nazione piena di contraddizioni è nata e come è diventata ciò che è oggi.
Considerarlo un film razzista perché rispecchia, anche nel più piccolo dettaglio, la realtà americana di quegli anni, significa umiliarne la straordinaria portata simbolica, ma soprattutto non riconoscerne l’eterno valore didattico e sociale.
Oltre alla sua inutilità, una simile decisione potrebbe davvero portare a una pericolosa deriva oscurantista su tutto il cinema.
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