Un altro anno è passato, il quarantaduesimo della
mia vita, il sesto da quando ho cominciato a scrivere su questo blog. Fine anno
è, da sempre, sinonimo di bilanci e, dopo un po’ di tempo, torno a farne uno
anche io.
Come è stato il mio 2016? Il modo migliore per
descriverlo è tirare in ballo, per l’ennesima volta, la mia squadra del cuore,
la Juventus, perché il mio ultimo anno è stato in bianco e nero. La parte
bianca, come al solito, è rappresentata dalla mia passione, mai doma, per la
scrittura. Nel 2016 ho scritto tanto e ho pubblicato tanto (i soliti maligni
diranno troppo) e mi sono lanciato nella narrativa dopo essermi fatto le ossa
con anni di saggistica, ottenendo ottime soddisfazioni e risultati molto
incoraggianti, che spero siano di buon auspicio per l’anno che verrà. Il merito
principale di questa importante crescita letteraria va alla decisione, presa a
febbraio, di fare un passo in avanti nella mia avventura di self publisher,
accostando le edizioni cartacee agli ebook. Una scelta che ora, con dieci mesi di
esperienza alle spalle, definisco illuminante e sorprendente. Illuminante
perché ha dato corpo ai miei sogni, moltiplicando i guadagni e permettendo di
crearmi la mia piccola nicchia di fedeli lettori che alimentano la mia voglia
di indipendenza. Sorprendente, perché mi ero ormai convinto (autoconvinto?) che
l’ebook potesse davvero rappresentare il futuro dell’editoria, e invece mi sono
dovuto ricredere, accettando l’immortalità del cartaceo, il suo legame
indissolubile con chi ama leggere. In Italia, il libro sarà sempre su carta. Il
resto è condimento più o meno saporito.
Ma passiamo al lato nero del mio 2016,
rappresentato da alcuni momenti difficili vissuti in famiglia (per fortuna poi
risolti positivamente), dalla morte del mio amato Bud Spencer, di un ex collega di lavoro andato via troppo presto e di tante altre
icone della mia gioventù, ma soprattutto da ciò che mi tiene inchiodato (prigioniero?)
a Roma, una città che non ho mai amato e che non amerò mai, non essendo io un
tipo da grande città. È bella, bellissima, ma invivibile e buona solo per i
turisti che ci vengono una settimana (e magari d’estate) ad ammirare gli
splendidi luoghi storici. Viverci, cari miei, è tutta un’altra storia.
A questo punto,
probabilmente, vi starete chiedendo cosa è che mi tiene legato a un posto che
non mi piace. Beh, non è difficile indovinare, si chiama lavoro d’ufficio, nove
ore al giorno (che diventano dieci tra raggiungerlo e tornare a casa) per
cinque giorni a settimana, che mi lascia le briciole da dedicare a famiglia e
scrittura, che mi ha ormai reso schiavo di me stesso. Purtroppo, non ho la
fortuna di alcuni amici che fanno un lavoro dove il luogo è relativo e che
possono svolgere dappertutto, anche nel più sperduto paese della provincia. Io
sono costretto a vivere a Roma per tenermi il mio lavoro, visto che è già una
fortuna, di questi tempi, averne uno e il mio non è affatto male, anzi. Quindi, in conclusione, questo 2016 non mi è
dispiaciuto. Poteva andare meglio, ma poteva andare anche peggio, diciamo che
ha mantenuto il giusto equilibrio, alternando periodi di euforia ad altri meno
felici. Al 2017 posso solo chiedere di mantenere vivo il fuoco della passione
dentro di me, di aiutarmi a nutrire ancora i miei sogni e quelli della mia
famiglia. Certo, rimarrà, come ormai da anni, l’utopia di riuscire a gestire il
mio tempo, la cosa più preziosa che ci è stata donata, ma da buon juventino,
anche il prossimo anno ci proverò, sempre e comunque, #finoallafine.
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