Uno dei
migliori romanzi di Stephen King, la produzione affidata a J. J. Abrams, un
tema delicato come quello dell’assassinio di John F. Kennedy: i presupposti non
erano certamente favorevoli, eppure questa prima puntata della mini-serie 22.11.63 ha convinto parecchio. In
primis per l’approccio umile ma convinto dello stesso Abrams che dopo aver
“massacrato” due miti del cinema come Star
Trek e Star Wars, con questo
nuovo progetto televisivo sembra essere tornato sul sentiero di Lost. Certo, il merito va diviso con la
sceneggiatrice Bridget Carpenter e il regista Kevin MacDonald, ma da quanto
abbiamo visto al debutto, la mini-serie promette molto bene e soprattutto non
sembra volersi mettere in competizione col romanzo, ma al servizio di esso.
Chi ha
letto il libro, sa bene quanto potesse essere difficile trovare un attore degno
di ricoprire il ruolo del protagonista, ma da questo primo episodio, James
Franco sembra possedere quel fascino da scavezzacollo caratteristico del
personaggio letterario. Il suo è un volto sempre in bilico tra dramma e
commedia e vederlo alle prese con un nuovo mondo che conosce solo grazie ai
libri di storia, è da un lato divertente, all’altro esaltante per la missione
di cui è stato investito. Lo stesso Chris Cooper è un perfetto Al Templeton, distrutto
dal senso di colpa (e dalla rabbia) per non aver potuto portare a termine il
compito, ma risoluto a convincere l’amico Jake a proseguire quanto lui ha
cominciato. E a suo agio sembra anche Sarah Gadon nei panni della bella e
imbranata Sadie, di cui vediamo soltanto un veloce cameo.
In
questo primo episodio, veniamo subito coinvolti nella folle missione di Jake
Epping, alle prese col tentativo di cambiare il mondo. Il suo impatto con il 1960
è di quelli col botto, un po’ come lo era stato quello di Marty McFly col 1955
di Ritorno al futuro. E come nella
trilogia di Robert Zemeckis erano essenziali l’ambientazione, la musica, le
scenografie, anche in 22.11.63 è
straordinaria la capacità di autori e registi di farci respirare l’atmosfera di
allora. Già dalla prima sequenza in cui vediamo Jake nel 1960, abbiamo una
visuale di ciò che ci aspetta: un lattaio che consegna a domicilio, un gruppo
di operai intenti a godersi la propria pausa pranzo, le macchine che sfrecciano
come a un raduno di auto da collezione. Un mondo molto diverso da quello in cui
viviamo, che si muove a rallentatore, una puntata di Happy Days dipinta su un quadro dai colori vivaci.
La
prima puntata di 22.11.63 è un
autentico viaggio nel tempo, un viaggio ricco di fascino e nostalgia per un
mondo passato che ha comunque ha responsabilità di ciò che viviamo oggi. Certo,
riassumere in una puntata la quantità di informazioni scritte da King nel suo
romanzo di oltre 700 pagine, non era facile, cosicché i più intransigenti fan
del Re potrebbero avere qualcosa di ridire sulla sceneggiatura un po’
“saltellante” e compatta, con qualche libertà artistica, ma alla lunga nulla di
realmente importante sembra essere stato sacrificato, tanto da farci rimanere
con la voglia di continuare a seguire le avventure di Jake, di sapere come va a
finire, nonostante in molti lo sappiamo già.
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