In concomitanza con la presentazione al Festival di Cannes dell’ultimo kolossal firmato Ridley Scott – Russell Crowe dedicato a Robin Hood, ripercorriamo le tappe cinematografiche del famoso fuorilegge che “rubava ai ricchi per dare ai poveri”.
Come nel caso di altri personaggi nati sui libri, ma divenuti famosi sul grande schermo (Dracula, Frankenstein, Hannibal Lecter solo per citarne alcuni) anche la storia di Robin Hood ha avuto origine dalle pagine di antichi documenti datati addirittura 1377 e precisamente dal Piers Plowman di William Langland in cui l’autore scrive “I ken [know] rimes of Robin Hood” (conosco versi su Robin Hood).
Da allora la leggenda di questo eroe divenuto fuorilegge ha attraversato i secoli fino ad approdare al cinema nel 1908 con Robin Hood and His Merry Men, film muto diretto da Percy Stow ormai andato perso e seguito quattro anni dopo da Robin Hood di Étienne Arnaud e Herbert Blaché, prodotto dalla Eclair American (di questo ne esiste una versione restaurata dalla Fort Lee Film Commission). Nel 1922 fu la volta della versione diretta da Allan Dwan, con Douglas Fairbanks nella parte di Robin Hood, che incassò ben 2.500.000 dollari a fronte di una spesa di 1.500.000 dollari, ma sarà soltanto nel 1938, con la prima versione “parlata”, che il mito e la leggenda di Robin Hood si imposero al grande pubblico. Il film è La leggenda di Robin Hood di Michael Curtiz (successivo regista di Casablanca) che vede nei panni del protagonista Errol Flynn, attore di origine australiana dalla vita spericolata (alcolista, morì a 50 anni per infarto) e che vinse ben 3 Oscar (migliore scenografia, miglior montaggio e migliore colonna sonora originale). Girato per la prima volta in Technicolor tricromatico, il film è ancora oggi considerato uno dei primi “kolossal” prodotto con grandi sforzi economici dalla Warner nonché il padre del genere “cappa e spada”.
Nel 1952 fu la volta di Robin Hood e i compagni della foresta, pellicola della Disney diretta da Ken Annakin e interpretato da Richard Todd (Robin Hood) e Joan Rice (Lady Marian) e di Miss Robin Hooddiretto da John Guillermin. Sempre la Disney, venti anni più tardi, nel 1973, tornò sulle leggende di Robin Hood con Robin Hood, 21mo capolavoro animato che vede come protagonista una simpatica volpe. Zeppo di riferimenti ad altri famosi cartoni Disney come Gli Aristogatti, Il libro della jungla e Biancaneve e i sette nani, il film è passato alla storia perché per la prima volta i creativi della Disney attribuirono ai personaggi caratteristiche animali: così Robin è una simpatica e furba volpe, il re Riccardo e il fratello Giovanni sono leoni (Riccardo un leone fiero e forte, Giovanni l’usurpatore, invece, un leoncino smagrito e senza criniera), Little John è un orso, simpatico e bonario compagno d’avventure di Robin e infine lo Sceriffo di Nottingham è un grosso lupo fiancheggiato da un serpente spregevole e disgustoso (il consigliere Sir Biss).
Nel 1976 il mito di Robin Hood viene riletto dal talentuoso Richard Lester (già regista di I tre moschettieri e del successivo Milady – I quattro moschettieri) in Robin e Marian. Nei panni di Robin Hood abbiamo un giovane e affascinante Sean Connery, mentre in quelli di Lady Marian una Audrey Hepburn che tornava sugli schermi dopo nove anni di lontananza. Il taglio che Lester decide di dare alla figura dell’eroe è molto diversa da quella a cui il pubblico era abituato e soprattutto molto diversa dal personaggio di Errol Flynn, atletico e sempre pronto al duello. Qui Sean Connery (ma soprattutto Lester) danno una immagine di Robin Hood molto più umana, tralasciando il genere cappa e spada per concentrarsi sul lato umano e privato del protagonista. La tormentata storia d’amore con Lady Marian diventa così parte centrale della storia, a discapito delle simpatiche e burrascose avventure del nostro eroe buono.
Dopo il veloce passaggio del film tv Robin Hood – La leggenda (1991) di John Irvin con Patrick Bergin nei panni del “duplice” ruolo di Sir Robert Hode e di Robin Hood, il 1991 è l’anno di uno dei più amati film ispirati alla figura del “ladro buono” e vale a dire Robin Hood: Principe dei ladri di Kevin Reynolds (futuro regista di altri film d’avventura come Waterworld e Rapa-Nui). Protagonista è il Kevin Costner fresco vincitore dell’Oscar per Balla coi Lupi che stavolta, invece, si dovrà accontentare del Razzie come peggior attore protagonista (abbastanza discutibile). Nel cast anche una breve apparizione (di un minuto) per Sean Connery, stavolta nei panni di Riccardo Cuor di Leone, Mary Elizabeth Mastrantonio in quelli di Lady Marian, Morgan Freeman nei panni di Azeem, un moro che segue Robin per sdebitarsi di avergli salvato la vita e Alan Rickman in quelli del cattivissimo Sceriffo di Nottingham.
Nonostante gli inevitabili confronti con la versione del 1938, questo Robin Hood: Principe dei ladri è ancora oggi considerato una delle migliori trasposizioni ispirate all’arciere di Sherwood, grazie a una regia sicura ed esperta, a una storia ricca di ritmo e colpi di scena e a una interpretazione di Kevin Costner che intelligentemente evita confronti con quella molto più atletica e muscolosa di Errol Flynn, concentrandosi più sulla purezza di spirito e di ideali del suo personaggio.
Due anni più tardi, sulla scia del successo del film di Reynolds, ecco arrivare l’immancabile parodia firmata Mel Brooks in Robin Hood: Un uomo in calzamaglia, demenziale commedia che per gran parte fa il verso proprio al film con Kevin Costner e che ci presenta Robin Hood (Cary Elwes) a volte come un giullare e a volte come un capo rivolta poco credibile. Abituati a ben altre parodie (vedi Frankenstein Junior), questa risulta abbastanza scialba e insignificante.
Cosa rimarrà di tutto questo straordinario bagaglio nel nuovo film di Ridley Scott?
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