Questa quarantena forzata è stata,
per me come per tanti altri, l’occasione di recuperare alcune letture lasciate
indietro.
Tra le decine di libri che mi aspettano sul comodino, ho decido di
cominciare con L’istituto di Stephen King, ultimo suo romanzo in ordine di
tempo e che mi è risultato abbastanza indigesto, lasciandomi deluso e anche un
po’ disorientato.
Leggo King da trent’anni e mi ha sempre
stregato la sua
straordinaria, quanto unica, capacità di raccontare il Male in maniera sempre
diversa e spiazzante, ma oggi il Re ha perso molto del suo smalto e L’istituto ne è l’ultima prova.
Un argomento inflazionato che strizza l’occhio a X-Files e Stranger Things e alle serie tv in generale, ma che cerca anche di riproporre
un vecchio pallino di King, ovvero il rapporto tra bambini prodigio e Governo americano.
Il Re ne aveva già parlato in L’incendiaria nell’ormai lontano 1980, mettendo
a nudo la ferocia di chi è disposto a tutto pur di sfruttare i poteri
soprannaturali dei bambini.
Questa volta, però, qualcosa è andato storto,
perché L’Istituto è una storia noiosa, infarcita di cliché e con personaggi molto
al di sotto degli standard kinghiani, se pensiamo soprattutto ai suoi “eroi
bambini” presenti in alcuni dei suoi più grandi capolavori.
Oggi, forse è ora
di arrendersi all’evidenza e al maledetto tempo che passa, ci troviamo di
fronte uno scrittore vecchio e stanco che ha perso il suo tocco magico e ha
deciso di ripiegare (per quale motivo, poi?) sul thriller commerciale, come
dimostrato anche dalla trilogia di Mr. Mercedes.
Lo scrittore di Pet Sematary, IT, L’ombra dello scorpione, Le notti di Salem è un lontano parente di questo
King banale e scolastico che, tra l’altro, aveva avuto un moto di orgoglio con
lo splendido Elevation (2018), poco più di un racconto in cui, però, c’era
tutto il King che noi over 40 abbiamo imparato ad amare.
L’Istituto è
composto da oltre cinquecento pagine che avrebbe potuto scrivere qualunque
altro scrittore di thriller, privo dell’anima kinghiana e senza le peculiarità
a cui il Re mi ha abituato in tutti questi anni, un libro povero e piatto.
Quasi insignificante.
Nessun commento:
Posta un commento