Darabont e compagni sono ben consci del tempo che ci vuole per superare una perdita così grave e agiscono di conseguenza, fermandosi. La storia si prende una pausa, concentrandosi sul dolore che schiaccia Andrea, da un lato disperata e incapace di accettare di aver perso la sorella in un giorno che per lei sarebbe dovuto essere di festa (il compleanno) e dall’altro conscia di dover affrontare un destino segnato (ucciderla una volta diventata zombie).
Vedendola immobile, in silenzio, quasi sotto ipnosi, accanto al corpo senza vita di Amy, si prova una compassione senza fine. Nella loro antitetica posizione, le due donne sintetizzano l’intera tragedia che ha distrutto il mondo di The Walking Dead: Andrea è la sopravvissuta, il simbolo della resistenza e della lotta, della vita che supera anche l’Apocalisse, mentre Amy è la rappresentazione del sacrificio grazie al quale si va avanti, l’agnello ucciso sull’altare per placare l’ira degli Dei. Il suo ruolo è stato questo fin dall’inizio, nonostante gli sforzi di Andrea che tenta disperatamente di proteggerla, perché in fondo consapevole di ciò che le attende.
Questo quinto episodio sembra essere stato scritto per stare su un piano diverso dagli altri, quasi metafisico, in cui alcuni dei personaggi (Amy in primis, ma anche Jim) dismettono i loro abiti di semplici sopravvissuti per indossare quelli di eroi. Jim, morso da uno degli zombie, chiede di essere abbandonato, rendendosi conto, nonostante la sua condizione, di rappresentare non solo un peso per i suoi compagni ma anche un pericolo. L’unico medico sopravvissuto del centro infettivo di Atlanta alla fine apre le porte ai nuovi arrivati, nonostante fino a pochi attimi prima fosse stato sul punto di cedere e di arrendersi all’inevitabile destino che lo attende.
Dopo che nei precedenti episodi erano stati sottolineati solo i difetti degli uomini, dipingendoli sempre come egoisti, meschini e traditori, questa volta si cambia completamente rotta, spiazzando lo spettatore che si trova davanti personaggi diversi. Darabont e compagni giocano ancora una volta come il gatto col topo: se nella terza puntata ci avevano rassicurato con scene “casalinghe” e familiari per poi sconvolgerci alla fine, stavolta capovolgono la visione che fino a oggi ci avevano dato dell’uomo, adesso capace anche di atti eroici e di sentimenti di solidarietà.
A meno di clamorosi scivoloni nell’ultima puntata, The Walking Dead si avvia a diventare una delle migliori serie tv del nuovo secolo.
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