Opera Sei
di David Riva
Edizioni XII
pp. 204
€ 13,00
Davanti a talune opere d’arte, soprattutto moderne, spesso ci poniamo molte domande, tra le quali il motivo misterioso per cui quella specifica opera venga considerata arte. Un uomo seduto su un wc è arte? Delle feci dentro una teca di vetro sono arte? Un cane lasciato morire di fame e di sete può essere considerato opera d’arte? Fino a dove si è disposti ad arrivare pur di considerare l’arte come la libera rappresentazione di un pensiero?
A chi non avesse ancora trovato una risposta soddisfacente a queste domande, consiglio di leggere Opera Sei, interessante romanzo d’esordio di David Riva, Edizioni XII, in cui l’arte ma soprattutto il fare arte viene vivisezionata, cercando di dare una chiave di lettura a un fenomeno che sembra non avere limiti ben definiti. Al centro del libro c’è la storia di un gruppo di persone disposte a sottoporsi a interventi chirurgici al di là di ogni immaginazione pur di trasformarsi in presunte opere d’arte e in particolar modo di Ester, una ragazza dalla vita scombinata e in perenne ricerca di se stessa. Attorno alle operazioni illegali della società Metafisica, organizzazione senza scrupoli al di sopra di tutto e tutti, si sviluppano varie storie che si intrecceranno nel momento in cui Ester starà per diventare l’Opera numero Sei.
Nella parte del mad doctor abbiamo il chirurgo cinese Hao Myung, un novello Dr. Frankenstein che vorrebbe elevarsi ad artista, ma che a differenza del suo illustre predecessore non è ossessionato dalla battaglia contro la morte, ma da quella contro Madre Natura. Myung rimodella a colpi di bisturi i corpi dei suoi pazienti per dargli nuova forma, cercando di trasformarsi in un deus ex machina. La sua missione ha come ultimo fine il portare a compimento l’Opera Sei, Ester, anch’essa alla disperata ricerca di se stessa e di una forma che può farla sentire completa. Ester è quindi la paziente, l’unica ad avere capito realmente il significato degli interventi del medico cinese: se i primi cinque, infatti, avevano accettato di trasformarsi in opere d’arte soltanto per ergersi al di sopra della moltitudine, per sentirsi diversi e originali in un mondo sempre più uguale, Ester invece lo fa per se stessa, per potersi finalmente guardare allo specchio e accettarsi. Un percorso che cercherà disperatamente di fermare Sergey, il padre naturale della ragazza, anch’egli alla ricerca del coraggio per dire la verità alla figlia.
Seppur brevemente (circa 200 pagine), Opera Sei affronta dei temi attuali e scottanti come l’ossessiva ricerca di se stessi e l’incapacità di accettare la propria immagine, presentandoci quasi una nuova forma di suicidio, più simile forse a una reincarnazione. Sottoporsi a questi terribili interventi chirurgici (calotte di vetro al posto del cranio, cilindri cavi che attraversano da parte a parte il busto), per alcuni significa buttarsi alle spalle una vita e cominciarne un’altra, quella che hanno sempre sognato. Nello stesso tempo, però, ognuno è cosciente di quanto questa sarà breve a causa della loro nuova condizione fisica, dimostrando come per loro sia meglio un giorno da opera d’arte che cento da anonimi individui.
Ciò dimostra come i personaggi creati da Riva siano dei tipi fortissimi, di altissimo spessore e come tali avrebbero meritato un miglior trattamento. L’autore, infatti, spesso preferisce filosofeggiare di estetica e storia dell’arte piuttosto che approfondire le mille possibili sfaccettature di Ester & Co. che ne escono fortemente penalizzati a causa di un intreccio troppo trascurato per buona parte del libro. Riva è un narratore attento e scrupoloso, ma troppo presente, a tratti ingombrante; lascia poco spazio ai suoi personaggi, li fa parlare poco, e loro non riescono mai a farsi carne e a uscire dalle pagine. Un vero peccato.
Opera Sei è comunque un buon libro, un’ennesima dimostrazione di quanto fine e affidabile sia il lavoro di Edizioni XII, ma ha il difetto di dare maggiore spazio al lavoro di ricerca piuttosto che a quello di creazione. Un romanzo non deve solo informare, ma deve appassionare e coinvolgere, e questo in Opera Sei avviene solo nel finale, quando finalmente il narratore si fa da parte per lasciare campo libero ai suoi personaggi.
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