Il 29 Maggio 2010 ci ha lasciati uno dei più grandi attori e registi della storia del cinema: Dennis Hopper, ragazzaccio dalla vita spericolata e primo rappresentante della cosiddetta New Hollywood che negli anni ’60 segnò il profondo cambiamento dell’industria cinematografica d’oltreoceano.
Nato a Dodge City, nel Kansas, il 17 Maggio del 1936, il suo avvicinamento alla settima arte non fu per niente facile: nonostante, infatti, il suo debutto a meno di vent’anni nel classico Gioventù Bruciata(1955) con James Dean (dopo un piccolo ruolo ottenuto un anno prima in Johnny Guitar), l’attore-regista mostrò subito di non riuscire ad instaurare rapporti sereni con i compagni di lavoro. In particolare, duri furono gli scontri con Henry Hathaway, regista di L’uomo che non voleva uccidere (1958) e di I quattro figli di Katie Elder (1965) in cui il regista accettò di far recitare Hopper solo perché espressamente voluto da John Wayne, che lo portarono a tentare nuove vie, tra cui quella della fotografia.
Il suo sogno, però, rimase vivo e nel 1956, dopo aver girato l’ultimo film accanto all’amico James Dean, Il Gigante, Hopper si trasferì a New York per frequentare l’Actor’s Studio che non sembrò però scalfire il suo carattere burbero e poco propenso ai compromessi. L’unica via fu quindi quella di girare in prima persona un film e il risultato fu Easy Rider (1969), ancora oggi considerato uno dei capolavori della cinematografia degli anni ’60, un manifesto della gioventù ribelle figlia di quella voglia di cambiamento e libertà che segnò tutto il mondo. Costato appena quattrocentomila dollari, racconta le avventure on the road di due amici, Dennis Hopper e Peter Fonda, che attraversano in moto gli Stati Uniti incontrando lungo la loro strada anche un giovanissimo Jack Nicholson. Premiato al Festival di Cannes come migliore nuovo regista, il film ottenne anche la candidatura agli Oscar come miglior sceneggiatura, ma rappresentò soprattutto il trampolino di lancio per Hopper che proseguì la sua carriera girando due anni più tardi il documentario autobiografico American Dreamer e Fuga da Hollywood, rivelatosi però un flop in patria.
Gli anni del successo corrisposero anche agli anni degli eccessi e Hopper si trasformò in icona maledetta, a causa soprattutto dell’uso di alcol e droghe che in dieci anni gli permisero di partecipare soltanto a due film di spessore: L’amico americano (1977), prima trasposizione del romanzo di Patricia Highsmith Il gioco di Ripley diretto da Wim Wenders e Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola dove Hopper interpretò un fotoreporter.
Gli anni ’80 lo rividero dietro la macchina da presa con Out of the Blue (1980), storia di una ragazza alle prese con una madre drogata e un padre incestuoso (lo stesso Hopper) per cui l’attore ricevette la candidatura alla Palma d’Oro al Festival di Cannes; nel 1983 tornò a collaborare con Coppola in Rusty Il Selvaggio per poi tornare “ se stesso” due anni più tardi in Ritorno alla quarta dimensione in cui interpreta un anziano hippy. Fu però nel 1986 che Hopper tornò alla ribalta con la splendida interpretazione del killer psicopatico Frank Booth in Velluto Blu di David Lynch: Booth racchiude in sé tutta la follia dell’uomo Hopper che per primo, letta la sceneggiatura, disse che non poteva che interpretarlo lui. E’ un uomo che vive costantemente attaccato a un bombola d’ossigeno da dove però passano anche droghe di tutti i tipi, un sadico impotente che violenta le sue vittime con la mano con eccessi sadomasochisti (durante la violenza infila un pezzo di velluto blu nella bocca sua e della vittima). Uno di quei mostri che spingono addirittura uno dei protagonisti del film a chiedersi “Perché esistono persone come Frank?” e che permisero a Hopper di entrare di diritto tra gli indimenticabili di Hollywood.
Sempre nel 1986 l’attore partecipò a Non aprite quella porta 2, seguito del fortunato film di Tobe Hooper, e a Colpo vincente per cui ricevette anche una nomination agli Oscar come miglior attore non protagonista. Un anno più tardi girò La vedova nera di Bob Rafelson e diresse Colors – Colori di guerra con Robert Duvall e Sean Penn. Nel 1989 fu ancora una volta dietro la macchina da presa e protagonista in Ore contate in cui è un killer che si innamora della propria vittima (Jodie Foster).
Gli anni ’90 cominciarono con Il cuore nero di Paris Trout (1991), coraggioso dramma razzista in cui Hopper veste i panni di un commerciante xenofobo la cui lucida e cinica follia riporta ogni tanto al Frank Booth di Velluto Blu. Un anno più tardi interpretò ancora una volta un killer in Red Rock West per poi fare un salto nel fantastico con Super Mario Bros ispirato all’omonimo videogioco. Nel 1993 fu la volta diUna vita al massimo di Tony Scott (sceneggiato da Quentin Tarantino) dove Hopper è un coraggioso padre che si fa uccidere piuttosto che svelare a un boss il rifugio del figlio e di Basquiat, biopic sulla vita del pittore Jean-Michel Basquiat. Il 1994 fu l’anno della sua ultima regia in Una bionda sotto scorta, ma soprattutto di Speed in cui Hopper tornò ancora una volta nei panni dello psicopatico, questa volta intenzionato a far esplodere un autobus pieno di gente. Il ruolo di mad boy sembrò stargli a pennello, così un anno più tardi lo ripropose nel fantascientifico Waterworld in cui Hopper è il capo dei terribilismokers, una sorta di pirati di un mondo ormai sommerso. Nel 1996 interpretò un investigatore chiamato Howard Philip Lovecraft in Witch Hunt – Caccia alle streghe (1996) di Paul Schrader, poi partecipò aBlackout (1997) di Abel Ferrara e infine, nel 1999, recitò in Ed Tv di Ron Howard.
I primi anni del nuovo millennio lo hanno visto impegnato in ruoli secondari, tra cui quello di Kaufman in La terra dei morti viventi (2005) di George A. Romero, e diviso tra cinema e tv. Nonostante nel 2002 gli fosse stato diagnosticato un tumore, l’attore ha trovato il tempo per contrarre il quinto matrimonio e per avere la quarta figlia. Dopo una lunga battaglia e un’ultima apparizione in pubblico avvenuta il 26 marzo di quest’anno in occasione della consegna della stella con il suo nome sulla Hollywood Walk of Fame al fianco del suo amico di sempre Jack Nicholson, l’attore si è spento nella sua casa di Venice (quartiere di Los Angeles) all’età di 74 anni.
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