Da quando scrivo, sono sempre
stato curioso di conoscere il modo di lavorare degli altri, soprattutto per
capire quale fosse la strada per migliorare. Negli anni, ho incontrato tanti autori,
e quelli che hanno attirato maggiormente la mia attenzione, sono sempre stati
coloro che prima di scrivere il proprio libro, preparavano la famigerata sinossi,
colei che Wikipedia definisce «[…] un compendio, o riassunto, di un'opera
letteraria che permette di avere sott'occhio le sue parti essenziali. […]».
Questi scrittori, il più delle volte, preparavano anche le schede dei
personaggi, una scaletta e altre diavolerie che ogni volta alimentavano in me
invidia e ammirazione. Li vedevo come dei in cima all'Olimpo, dotati di
capacità superiori, perché io, da vent'anni a questa parte, una sinossi non
sono mai riuscito a scriverla, trovandomi anche in difficoltà quando, ormai anni
fa, gli editori me la chiedevano quando gli proponevo un mio lavoro.
Ieri, però,
alla vigilia dei quarantadue anni, questo incantesimo sembra si sia interrotto,
grazie anche, e soprattutto, all’amico (e grande autore) Vincent Spasaro che,
offertosi gentilmente di farmi da editor per il seguito di Un colpo alla speranza, fin dal primo momento mi ha detto che scrivere una sinossi è un modo
per migliorarsi. Non è mai troppo tardi per imparare, e così ho scritto questa mia
benedetta prima sinossi e ora non resta che sperare che lo abbia fatto bene,
perché nel mio modo caotico di lavorare non c’è mai stato spazio per la
programmazione. Ho sempre preferito scrivere di getto, partendo magari da un’idea,
una scintilla, per poi procedere a braccio, come facevo anche a scuola quando
mi interrogavano. Così, ecco le mille stesure, la maggior parte incompiute, di
romanzi e racconti, forse proprio perché prive di programmazione.
Non è stato
facile scriverla, soprattutto perché, per la prima volta, mi sono visto
costretto a stabilire a tavolino la storia, i suoi sviluppi e la sua
conclusione, e ora ho una terribile paura che stravolgerò tutto, perché io e l’ordine
non andiamo d’accordo. A casa non ho uno studio dove isolarmi, sto dieci ore al
giorno in ufficio, ho poco tempo per scrivere e quando riesco a farlo, la
maggior parte delle volte, lo faccio in soggiorno, con la televisione accesa e
i bambini che corrono da una parte all'altra, giocando e urlando (anche in
questo momento). Mi sono comprato un piccolo scrittoio da mettere in camera da
letto per avere, almeno, un angolo studio, ma anche lì, la tranquillità è un
optional. Potrei alzarmi presto la mattina, direte voi, oppure tirare tardi la
sera, scrivendo quando tutti dormono, ma quando si hanno sei ore al giorno a
disposizione per il tempo libero (otto ore di sonno sono per me vitali), ci
vorrebbe un clone per fare tutto. Per fortuna ci sono i fine settimana, durante i quali a volte riesco a recuperare il terreno perduto, ma non sono, e credo non sarò mai, uno che scrive tutti i giorni con regolarità, mi è impossibile. È una fatica, si fanno i salti mortali
per ritagliarsi qualche ora di scrittura, e ammetto di invidiare quelli che possono
farlo liberamente, atteggiandosi magari ad artisti maledetti circondati dal
fumo delle mille sigarette che fumano in un’ora e coi capelli scombinati o che
possono farlo nei propri studi di avvocati o simili.
Ma torniamo alla sinossi, vero
argomento di questo post: è vero che sono stato facilitato dal fatto che il
romanzo è a buon punto, ma sono comunque orgoglioso per essere riuscito a
scriverla, perché ho superato uno dei più grandi ostacoli della mia vita da
scribacchino o aspirante tale. Fino a pochi giorni fa, su Facebook, avevo detto
che per me era un vero incubo, che non sarei mai riuscito a scriverne una e
invece, oggi, ce l’ho fatta. E come si sa, una volta superato un ostacolo, gli
altri li prendi di slancio.
Appuntamento su Amazon, quindi.
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