Il film (scritto da Andrew Niccol, autore un anno prima di Gattaca e qualche anno più tardi di S1mOne) è costruito in maniera impeccabile, con un lento cammino verso lo svelamento della verità, in cui lo spettatore viene quasi preso per mano, e insieme a lui un ingenuo e tenero Jim Carrey che giorno dopo giorno intuirà che attorno a lui è tutto troppo perfetto. Troppo sorridenti i cittadini, troppo stabile il clima, troppo disciplinato il traffico. E poi quel faretto che cade dal cielo, quel cono di pioggia che segue Truman simile alla nuvoletta di Fantozzi, che cosa significheranno? E così alla fine, quando è alla soglia dei trent’anni, anche Truman si troverà a chiedersi per la prima volta se davvero quella è la sua vita, se davvero quello è il suo mondo, cominciando un processo che vedrà il protagonista del film riuscire finalmente a trovare la forza e il coraggio per affrontare ciò di cui ha paura… fino a un finale che può essere considerato un classico del genere e in cui qualche lacrima verrà versata di certo.
La riflessione che maggiormente spicca dal film di Weir, è una riflessione profonda sulla vita della gente e soprattutto sul bisogno che ognuno di noi ha di sapere certa la presenza di un mondo perfetto, diverso e quasi agli antipodi dal nostro (in questo caso la piccola cittadina di Seahaven), in cui immedesimarsi e di cui sentirsi parte integrante (belle le immagini in cui si vedono centinaia di persone accalcate davanti allo schermo televisivo a fare il tifo per Truman). Così questo megashow che registra giorno dopo giorno ascolti stratosferici, alla fine si trasforma in una autentica valvola di sfogo per tutti coloro che vorrebbero una vita perfetta come quella di Truman Burbank, Chistof per primo, ma che nello stesso tempo vorrebbero che il protagonista scoprisse la verità anche per sentirlo più vicino, più simile!
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