Incomprensibile. E’ questo l’aggettivo più adatto per descrivere il finale di stagione di Happy Town. Certo, c’è forse la scusante che gli sceneggiatori si aspettavano una seconda stagione, ma sta di fatto che l’amarezza rimasta in bocca dopo aver visto la conclusione della serie è davvero tanta.
Happy Town è la peggiore occasione persa che mi sia mai capitato di vedere in tv. Un vero peccato, visto comunque il pathos crescente che era riuscita a creare episodio dopo episodio, nonostante gli zoppicamenti dell’inizio, ma non chiudendo il cerchio nell’ultima puntata e peggio lasciando tremila domande senza risposte ha fatto di questa serie una delusione colossale.
Alla spasmodica ricerca del coup de theatre, con personaggi che si trasformano, cambiano, rivelano il proprio vero volto, lo script lascia spaventosi vuoti che giustificano perfettamente la decisione dei network americani di non procedere oltre gli otto episodi della prima stagione. Perfino il finale, in pieno stile “botti a sorpresa”, anziché indurre curiosità e smarrimento, suscita solamente amarezza: l’uomo magico viene finalmente svelato, ma tutto finisce qui, non si sa che fine abbiano fatto le persone scomparse, non si conoscono i motivi di questi rapimenti, perché uno ogni sette anni. E poi, se l’uomo magico è chiaramente una persona che mai, e dico MAI, si è spostata da Haplin per chiari motivi comprensibili nel momento in cui svela la sua identità, come è possibile che sia sparito anche un bambino a Manchester? Da qui viene anche meno il perché del personaggio interpretato da Sam Neill che viene risucchiato anch’esso nel marasma caotico finale. Non si capisce il motivo per cui il martello che avrebbe ucciso Alice McCoy era nascosto nella pensione delle zitelle; non è chiaro il ruolo del film tedesco Die blaue Tuer del 1923 che in Happy Town viene proiettato con l’audio, nonostante il cinema sonoro sia nato nel 1927… e tante altre cose lasciate lì, accennate ma non chiarite.
Insomma, somma delusione per una serie partita bene ma naufragata in un finale incomprensibile e caotico che non chiude nessuno dei cerchi aperti all’inizio, ma che anzi apre altre stanze lasciandole lì, orfane. Unico momento apprezzabile, l’assedio alla centrale della polizia stile Distretto 13 – Le brigate della morte… tutto il resto è noia come direbbe Franco Califano.
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