lunedì 31 agosto 2020

IL MANGIATESTE - SAMUEL GIORGI


Samuel Giorgi debutta con un affascinante thriller soprannaturale non privo, però, di importanti difetti.
Pubblicare un romanzo d’esordio non è di per sé facile, né lo diventa ancora di più quando lo si fa con un grande marchio editoriale, visto che la notorietà potrebbe facilmente rivelarsi un’arma a doppio taglio. Non deve essere stato facile, quindi, per Samuel Giorgi riuscire a mantenere la giusta rotta una volta che il suo Il Mangiateste è sbarcato in libreria con Piemme, ancora di più perché non si tratta del solito romanzetto da lettura estiva, magari un po’ piccante, ma di un vero thriller che sconfina spesso nel soprannaturale. 
Probabilmente, ma questa è un’idea di chi scrive questa recensione, se l’autore avesse avuto un po’ più di coraggio e avesse scelto la strada dell’horror puro, il risultato sarebbe stato migliore, ma come sappiamo, in questo momento, il thriller è il genere che va per la maggiore, e così ecco una serie di misteriosi suicidi che sconvolgono la quiete di un paesino di montagna nella Val d’Ossola, su cui è chiamata a indagare una squadra di profiler, nelle cui fila milita una strana ragazza dotata di particolari poteri psichici. Il loro arrivo e l’improvvisa notorietà, porterà in paese non pochi sconvolgimenti, in seguito ai quali riemergeranno, in tutta la loro dirompenza, eventi passati che tutti i cittadini avrebbero preferito tenere ben seppelliti.
Nell’inarrestabile marea di pubblicazioni tutte più o meno uguali, Il Mangiateste ha sicuramente il pregio di proporre qualcosa di diverso, raccontandoci una storia affascinante e piena di suggestioni (Giorgi è bravissimo a farci respirare l’aria dei luoghi in cui è ambientata la vicenda), ma non è privo dei classici difetti di un romanzo d’esordio, primo fra tutti la volontà di strafare da parte dell’autore che scrive un testo di oltre quattrocento pagine, ma che in realtà sarebbe potuto essere lungo la metà. Ciò che però lascia più perplessi è il personaggio principale, non solo incapace di creare empatia con il lettore, ma più volte sull’orlo di suscitare un sentimento opposto, e su questo pesa sicuramente la scelta di raccontare la storia in prima persona. Giorgi è probabilmente inconsapevole di quanto sia difficile farlo (gli scrittori davvero in grado si contano sulle dita di una mano), e si spinge quindi ancora più in là, dialogando spesso con il lettore, senza ottenere, però, il risultato sperato, ma creando soltanto un solco tra i protagonisti e chi legge. La riprova di ciò sono i capitoli in cui l’io narrante sparisce a favore della terza persona, molto più fluidi e convincenti. 
Un romanzo in chiaroscuro, che sicuramente porta alla ribalta un autore interessante e che varrà la pena seguire nella sua carriera, ma che lascia un po’ di amaro in bocca perché  sa tanto di occasione persa. La sensazione è che Il Mangiateste fosse qualcosa di diverso in origine, ma che alla lunga si sia dovuto arrendere alle feroci logiche del mercato editoriale italiano.

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