Da oggi la Juventus ha un nuovo logo. Un po’ a
sorpresa, quasi un coup de théâtre, con cui la società ha, forse, voluto dare
una prova di forza dopo la bruciante sconfitta di Firenze e le tante voci, più
o meno velenose, venute fuori nelle ore successive. Secondo il comunicato stampa,
«la nuova identità sviluppata da Interbrand cattura il DNA dell’estetica
Juventus e la scolpisce nelle linee taglienti di un segno forte, iconico ed
essenziale, capace di imporsi da protagonista in qualsiasi contesto e su qualsiasi
interfaccia. Il nuovo logo rappresenta in modo immediato e inconfondibile
Juventus nella sua essenza: la J del nome, le strisce della maglia, lo scudetto
della vittoria».
Tutte belle parole, sì, ma a noi tifosi, a noi studiosi della
Juve e della juventinità, cosa ci trasmette questa nuova grafica? Passando
sopra, con qualche difficoltà, al nome della società a cui è stato affidato il
progetto, personalmente non mi entusiasma, soprattutto perché ci vedo una netta
presa di distanza dal mondo del calcio e dello sport, a favore di una
globalizzazione “marchettizzante” della Juventus. L’obiettivo, nemmeno tanto
nascosto, sembra quello di voler trasformare la società in un brand mondiale
alla stregua di un qualsiasi marchio di moda, ma se era proprio ciò che ci
chiedeva il mercato, siamo sicuri che non si poteva fare di meglio? Va bene la “J”,
l’immagine speculare dello scudetto, l’omaggio, un po’ stiracchiato, all’Avvocato,
ma guardando questo nuovo logo la prima sensazione è di freddezza ed eccessiva
modernità. Lo sappiamo, il calcio è anche, e soprattutto, sentimento; il tifo,
come dice la stessa parola, è una malattia, e i due concetti sono molto,
troppo, lontani da questa sorta di opera di arte moderna e minimalista che è il
nuovo logo. Che fine ha fatto il calore che trasmetteva quello scudo bianconero
pronto a ogni battaglia? Se l’addio al toro imbizzarrito, simbolo di Torino, potrebbe
essere comprensibile, visto la natura nazionale della Juventus che può contare tifosi
in ogni angolo del nostro Paese, il passaggio dal calore del vecchio logo alla
freddezza di questo nuovo, è un colpo al cuore, soprattutto per chi la Juve la
segue fin da quando era un bambino.
La mia sensazione è che questa scelta, se giusta
in ottica finanziaria e politica, potrebbe portare non poche conseguenze al
senso di appartenenza che da sempre ha caratterizzato le squadre di calcio. È un
passo verso il futuro, ma potrebbe anche essere un passo indietro nel rapporto
tra società e tifosi, perché nessuno vuol vedere trasformata la Vecchia Signora
in una qualunque industria mangia-soldi. Perché non prendere esempio dai loghi
di alcune squadre molto più avanti di noi, come il Bayern Monaco, il
Barcellona, il Real Madrid? Pur trasformandosi in multinazionali, hanno mantenuto
una chiara appartenenza al mondo del calcio: quello dei tedeschi è rotondo, al
centro c’è una palla colorata; anche quello del Real è rotondo, con la corona e
le lettere del club che si incrociano; e quello del Barcellona, addirittura, è
uno scudetto con una palla vecchio stile al centro. Perché, invece, la Juventus
ha voluto rompere così nettamente con il mondo del calcio?
In rete, naturalmente, si sono scatenate
reazioni di ogni tipo, a favore e contro il nuovo logo, ma il quesito
principale rimane uno: che futuro avrà la nostra Juventus?
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