La Clessidra d’Avorio
di Davide Cassia e Stefano Sampietro
Edizioni XII
pp. 322
€ 17,00
Prima di leggere La clessidra d’avorio, gli unici romanzi scritti a quattro mani con cui mi ero confrontato erano stati Il talismano e il seguito La casa del buio scritti dai maestri del brivido Stephen King e Peter Straub. Due libri, soprattutto il secondo, che alla fine non mi avevano lasciato nulla in particolare, al contrario di questo romanzo scritto da Davide Cassia e Stefano Sampietro che mi ha coinvolto, trascinato ed entusiasmato come non succedeva da tempo, forse da quando molti anni addietro lessi per la prima volta L’isola del tesoro di Stevenson.
La clessidra d’avorio è un libro straordinario, innanzitutto per il profondo e metodico lavoro di ricerca bibliografica e storica che c’è dietro, ma anche perché scritto egregiamente. La storia è appassionante, i personaggi incredibilmente reali, l’ambientazione affascinante e quasi palpabile e non mancano i colpi di scena, le fughe rocambolesche e gli inseguimenti stile cappa e spada. La ricerca di questo oggetto dotato di straordinari potere alchemici coinvolge fin dalle prima pagine, ci si affeziona immediatamente allo scettico Darius Berthier de Lasalle, a suo figlio Sebastien, al donnaiolo Moran de la Fuente, e li si segue nel loro viaggio sempre con l’ansia che possa succedergli qualcosa, che questa avventura possa riservargli spiacevoli sorprese. Un vecchio diario e un libro sul gioco degli scacchi sembrerebbero essere la via per ritrovare la clessidra, ma il viaggio sarà lungo e pieno di pericoli: da Parigi si arriverà a Bologna, poi a Firenze e infine a Roma, tempio del cristianesimo ma anche leone ferito dalla conquista napoleonica (la vicenda principale è infatti ambientata nel 1800), in un turbinio di vicende che piano piano sveleranno quale sia il reale interesse per questa reliquia e chi, oltre ai nostri eroi, è interessato a recuperarla.
Gli autori scelgono un triplice livello da cui raccontare la storia: il resoconto del diario dell’alchimista Giacomo Bandini (che piacere poter leggere l’italiano antico quando ormai la nostra lingua è inquinata da fastidiosi e improvvisati inglesismi), il primo a mettersi alla ricerca della clessidra; le vicende di Darius, del figlio Sebastien e di Moran spinti nella ricerca dallo spirito avventuriero di quest’ultimo; e infine un’occhiata viene gettata anche sui nostri giorni, dove il filo che tanti anni prima aveva legato i protagonisti del libro sembra non volersi spezzare nonostante i secoli passati. Un bellissimo libro, non smetto di ripeterlo, scritto con uno stile impeccabile, alcuni passi sono memorabili come anche i dialoghi sempre concreti, reali e mai scontati o superflui. Un’opera che ho letto con voracità, desideroso di arrivare alla fine per vedere svelati i misteri che avvolgono la clessidra. Uno di quei libri che quando finiscono ti lasciano qualcosa, un vuoto forse, una terribile nostalgia verso quei personaggi che vorresti tanto fossero reali.
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