martedì 26 luglio 2011

La figura di cera: Intervista a Riccardo D'Anna

Non posso che cominciare presentandoti ai lettori. Chi è Riccardo D’Anna?
Uno scrittore che cerca di inventare il mondo da una terrazza alla periferia di Roma.

In questi giorni è arrivato nelle librerie il tuo nuovo romanzo La figura di Cera. Ci racconti brevemente di cosa si tratta?
Anche in questo caso, come nel precedente Saint-Ex, siamo di fronte a un misto di storia e di invenzione. Si tratta di un mistery, con venature horror, ma in cui la componente orrorifica è giocata tutta in levare.

Che differenza c’è con i tuoi precedenti lavori?
Più romance e meno novel degli altri: è sicuramente il libro più “narrativo” in senso stretto che abbia scritto. C’è una enorme differenza fra le storie che si basano su una situazione e quelle che si fondano su un meccanismo, vale a dire su una trama. È chiaro che in ogni caso si tratta di raccontare una storia, ma il problema è il modo in cui raccontarla: se scriverla o narrarla…

 La figura di Cera è un libro che ricorda molto i vecchi film della Universal o della Hammer. Che ruolo hanno avuto nella tua ispirazione?
Parte del mio immaginario si è formato nelle sale parrocchiali e nei cinema di seconda e terza visione. Il romanzo vuole cercare di ricreare determinate atmosfere, evocare sensazioni. Proprio come nei film della Hammer, che giustamente ricordavi, contano più le variazioni cromatiche, il taglio delle inquadrature, le dissolvenze o i piani-sequenza rispetto alle alchimie e alle scorciatoie degli effetti speciali.

La figura di Cera è un ideale seguito di Il morso sul collo di Simon Raven. Perché una scelta così singolare?
Il libro è nato come una sfida. Alcune circostanze e le coordinate spazio-temporali del romanzo di Raven mi avevano colpito… Si trattava di un ottimo punto di partenza e così, pur non ritenendomi scrittore di genere, ho cominciato ad accarezzare l’idea di misurarmi con la stesura di un Conan Doyle. Ma saranno i lettori a giudicare…

La scelta di puntare su personaggi maschili, relegando le donne ai margini, deriva dal condizionamento da parte di Raven o è stata una tua scelta?
Nel libro di Raven – se consideriamo l’epoca in cui è stato scritto e il primo affiorare della swinging London… – aleggia una omosessualità latente che bene si accorda col desiderio di opporsi al conformismo accademico e borghese di quegli anni. Io ho lavorato sul paradigma Holmes-Watson, quello cioè dell’eterno canovaccio del poliziotto sagace e della spalla che partecipando agli eventi li descrive, immettendovi però la variabile di un terzo elemento, giovane e imprevedibile, talvolta inaffidabile, ma capace all’occorrenza di sparigliare le carte.

Oltre a essere un romanzo, La figura di Cera in buoni tratti si trasforma quasi in un saggio storico. Cosa puoi dirci in proposito?
Per formazione o inclinazione, credo che la parte più divertente nella stesura di un romanzo sia la ricerca. Amo una documentazione accurata e cerco di non tralasciare alcun particolare. Ho letto moltissimo sul nazismo magico, sulla Golden Dawn, su Peggy Guggenheim. In una battuta: non so se la Guggenheim sia effettivamente intervenuta ai funerali dell’amico pittore Gennaro Favai, perché non ero presente, ma so l’ora, il giorno e in quale chiesa si sono svolti…

Con questo romanzo hai fatto il cosiddetto grande salto, passando da piccoli editori a una realtà più consolidata e conosciuta come la Gargoyle Books. Come è stato questo passaggio?
So di non essere scrittore per il grande pubblico, almeno nell’accezione comune che si dà a questo termine. Spero che il libro riceva l’apprezzamento dei lettori e che porti fortuna alla casa editrice.

Puoi raccontarci come è stata la tua esperienza con questa casa editrice?
Ottima. C’è sempre stata amicizia e quando i rapporti sono basati su reciproca stima e considerazione, non possono esserci sorprese. Avevo già compiuto qualche lavoretto per Gargoyle, e più volte Paolo De Crescenzo mi aveva suggerito di provare a misurarmi con un romanzo di genere. La bótte era pronta: si trattava di fare il vino…

Chiudo con la consueta domanda sui tuoi progetti futuri…
Direi più passati… che futuri. Ho tre romanzi nel cassetto, di cui uno appena terminato che spero di vedere pubblicati. Certo, una volta inaugurato questo filone del giallo vampiresco, chissà che non nasca qualche nuova avventura…

Intervista pubblicata su www.horror.it

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